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  • Riccardo Oliva

IL PERCORSO DI DANTE

Aggiornamento: 29 gen 2020


BIOGRAFIA

Dante Alighieri

Dante Alighieri nacque a Firenze nel 1265 da una famiglia della piccola nobiltà cittadina di parte guelfa. Nonostante le difficoltà economiche che la famiglia era costretta ad affrontare in quel periodo, Dante ebbe una raffinata educazione. Apprese l’arte della retorica da Brunetto Latini e la vocazione per la poesia da Cavalcanti, Guittone e Guinizzelli. La sua esperienza intellettuale e sentimentale si compendia intorno alla figura di una donna, Beatrice. La morte di Beatrice, nel 1290, segna per Dante un periodo di smarrimento, ma costituisce anche uno stimolo ad uscire dal mondo chiuso e rarefatto dello stilnovismo, ad ampliare i suoi orizzonti culturali ed a stabilire un rapporto con la realtà della vita civile e politica. 



VITA POLITICA

A partire dal 1295, alle esperienze culturali si aggiunge quella politica.

Nel 1293, Giano della Bella, con i suoi Ordinamenti di Giustizia, aveva escluso la nobiltà cittadina dalle cariche pubbliche; nel 1295 il provvedimento fu poi attenuato e consentito ai nobili di ricoprire cariche pubbliche, purché fossero iscritti ad una corporazione. 

Dante entrò nell’Arte dei Medici e Speziali e nel 1300 fu eletto tra i Priori, la suprema magistratura cittadina.

Era un periodo difficile per il comune fiorentino, lacerato tra le fazioni di Guelfi bianchi e Guelfi neri e minacciato nella sua autonomia dalle manovre del Papa Bonifacio VIII, che, approfittando del fatto che gli imperatori di Germania si disinteressavano dell’Italia, mirava ad imporre il dominio della Chiesa sulla Toscana. Dante aveva a cuore sia la pace interna, sia l’autonomia esterna del Comune e si adoperò con ogni mezzo per ristabilire la concordia fra i cittadini e per contrastare i maneggi del Papa. Per questo, pur essendo al di sopra delle parti, fu più vicino ai Bianchi, che difendevano la libertà di Firenze, mentre i neri appoggiavano sempre più la politica di Bonifacio VIII.

Il legato pontificio Carlo di Valois, mandato con il pretesto di far da paciere tra le due fazioni, favorì invece i Neri che nell’autunno del 1301 si impadronirono di Firenze, scatenando le persecuzioni contro la parte sconfitta. 

Dante in quel momento non si trovava a Firenze, poiché era stato inviato a Roma come ambasciatore. Nel gennaio del 1302, a Siena, Dante scoprì di essere stato condannato all’esilio in contumacia con l’accusa di baratteria, ossia di corruzione nell’esercizio delle cariche pubbliche. 


L'ESILIO

Incominciò così l’esperienza dell’esilio. Nei primi tempi Dante non rinuncio alla speranza di ritornare a Firenze, ma successivamente cambiò idea.

Iniziò quindi a viaggiare per le varie regioni italiane come uomo di corte presso signori magnanimi che ospitavano uomini di cultura per ricavare lustro e prestigio, ma anche per servirsene per vari compiti (segretario, ambasciatore).

È comprensibile perciò come Dante, che era il tipico intellettuale-cittadino, dovesse soffrire dell’umiliante condizione di dover ricorrere alla generosità altrui per vivere e di dover assoggettare ad altri la propria attività intellettuale. Accarezzava così il sogno di tornare a Firenze, non solo per essere riscattato da ogni accusa infamante, ma anche per ricevere il giusto riconoscimento del suo valore.

Nel frattempo però, l’esilio allargava ulteriormente i suoi orizzonti da Firenze all’Italia e al mondo intero. Le città italiane lacerate da lotte civili, sopraffazioni e violenze, pervase solo dalla cupidigia di denaro e dallo spirito affaristico, il quadro di una Chiesa mondanizzata e corrotta, i cui membri, invece di guidare il i loro gregge, si trasformavano in “lupi rapaci”, lo inducevano a ricercare la “cagion che il mondo ha fatto reo”.

Dante credette di individuarla nell’assenza di un imperatore, che si ponesse come supremo regolatore della vita civile, facendo rispettare le leggi ed obbligando così la Chiesa a tornare alla sua missione spirituale.

Fu convinto allora di essere investito da Dio della missione di indicare all’umanità le cause della sua abiezione e di condurla sulla via del riscatto. Da questa vocazione profetica nacque il disegno della Commedia, alla quale lavorò per quasi tutti gli anni dell’esilio. 

Nel 1310 il suo sogno di restaurazione del potere imperiale, che sanasse tutti i mali del mondo, parve doversi tradurre in realtà: il nuovo imperatore, Enrico VII di Lussemburgo, scendeva in Italia per essere incoronato, con il consenso di Papa Clemente V. 

Ma ben presto le illusioni del poeta svaniranno di fronte alla condotta ambigua del Papa, alla resistenza delle città italiane ed infine alla morte dell’imperatore, avvenuta nel 1313. 

Nel frattempo erano svanite anche le ultime speranze di ritorno in patria: nel 1315 Dante rifiutò sdegnato un’amnistia che aveva come prezzo il riconoscimento della propria colpevolezza ed un’umiliazione pubblica.

Morì il 14 settembre del 1321 di ritorno da un’ambasceria a Venezia.


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