INVETTIVE CONTRO LA CHIESA
- Anna Albertinelli
- 30 ott 2019
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 29 gen 2020
La violenza delle invettive contro la Chiesa e i suoi membri rientrano appieno nella concezione di Dante, secondo la quale l’Impero e la Chiesa sono due fattori complementari dello stesso ordine voluto da Dio per il mondo.


IL PRIMO PECCATO
Il primo peccato che travia la Chiesa è la cupidigia, contro la quale Dante si scaglia sia nell’Inferno (lupa), sia nel Purgatorio, sia nel Paradiso, dove Beatrice pronuncia una lunga invettiva.
Essa fa sentire i suoi effetti fin dai gradi più bassi della gerarchia ecclesiastica, cioè negli ordini mendicanti. San Francesco e San Domenico sono stati inviati sulla Terra da Dio per risollevare la Chiesa vacillante attraverso la fondazione dei rispettivi ordini monastici, quello francescano e quello domenicano; perciò questi ordini, decadendo per amore di denaro e gloria, vengono meno a un dovere sacro, e meritano rimproveri durissimi.
Le cose vanno ancora peggio, e le responsabilità sono ancora più gravi, nei gradi più alti della gerarchia: San Pier Damiani si scaglia contro il lusso dei cardinali, che egli ritiene bestie non diverse dal cavallo che montano, perché hanno dimenticato il precetto della povertà rigidamente osservato dagli apostoli.
La cupidigia non ha risparmiato neanche i pontefici, ed è verso di loro che Dante sfoga la sua ira con i toni più accesi.
Alla simonia dei Papi dedica l’intero canto XIX dell’Inferno, alla fine del quale, chinato sull’anima di Niccolò III confitta a testa in giù, ricorda la povertà degli apostoli, i nefasti effetti della donazione di Costantino e la visione della Chiesa come prostituta avuta da Giovanni nell’Apocalisse.
Nel Paradiso altrettanto duri sono Folco di Marsiglia, che mostra come la passione del Papa e dei cardinali per le monete sia ben più forte di quella che dovrebbero avere per i testi sacri, e l’aquila del cielo di Giove, che chiude il canto XVIII con un attacco all’avidità dei chierici della curia, in particolare di papa Giovanni XXII.
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